Il 1969 fu l’anno in cui la Comunità di Poggio al Vento ebbe la sua Parrocchia. Fino ad allora, infatti, la zona era ricompresa nel territorio delle Parrocchie vicine, ma l’aumento demografico degli anni Sessanta indusse le autorità ecclesiastiche a trasformare la chiesa dei Padri cappuccini in chiesa parrocchiale. Occorre sottolineare, comunque, che gli abitanti di Poggio al Vento partecipavano molto raramente alle funzioni religiose delle Parrocchie di appartenenza; preferivano, infatti, recarsi assiduamente nella chiesa dei frati: la decisione dell’autorità ecclesiastica rappresentò, quindi, il riconoscimento di una situazione esistente.

La zona di Poggio al Vento, fino all’inizio degli anni Sessanta, era costituita, in maggioranza, da addetti all’agricoltura che vivevano in piccoli agglomerati urbani attigui alle grandi abitazioni dei benestanti della zona. All’epoca non esistevano negozi, bar, o comunque punti di ritrovo dove i giovani avrebbero potuto trascorrere il tempo libero. L’unico luogo comune era, pertanto, il Convento: dopo aver partecipato ad una lezione di catechismo, tenuta da un vecchio Padre simpatico ed allegro (Padre Epifanio), a noi ragazzi era consentito giocare fino all’inizio delle funzioni religiose, alle quali dovevamo obbligatoriamente partecipare pregando in silenzio. In verità c’era qualcuno che, periodicamente, tentava di sottrarsi a quest’obbligo, ma questo comportamento era sanzionato con la sospensione dei giochi ed il sequestro del pallone per qualche giorno.

Per i giovani dell’epoca era difficile raggiungere le parrocchie di appartenenza per frequentare i corsi di catechismo e prepararsi alla Prima Comunione; così, su richiesta dei genitori, i frati, ed in particolare il già ricordato padre Epifanio, iniziarono la preparazione spirituale dei ragazzi. Il 1° giugno 1947 i primi bambini ricevettero, quindi, la Prima Comunione. Da allora tutti gli anni, la mattina della domenica successiva alla festa del Corpus Domini, diventò tradizionale, a Poggio al Vento, la celebrazione di questa grande festa; il pomeriggio, in collaborazione con il Terz’Ordine francescano ed i volontari di Poggio al Vento, venivano organizzati dei grandi festeggiamenti. La Processione con il SS. Sacramento, lungo le strade di Castagneto, che alternativamente raggiungeva o la Villa di Collinella o la Villa Foresi, era il momento culminante di quei pomeriggi primaverili; ad essa partecipavano le compagnie laicali delle Parrocchie di Marciano e di S. Maria a Tressa. Ma oltre allo spirito occorreva nutrire anche il corpo: un’abbondante merenda, vino a volontà, ed una lotteria con in palio una forma di formaggio, qualche salamino e qualche bottiglia di vino messi a disposizione da fra’ Valeriano, concludeva la giornata.

E qui occorre fermarsi un attimo per ricordare fra Valeriano: uomo di grande fede cristiana, che ha dedicato tutta la sua vita alla raccolta di cereali, grano, olio, vino e quant’altro gli veniva offerto durante il suo peregrinare attraverso le campagne senesi e maremmane. Egli è stato per quasi cinquant’anni una figura rappresentativa dei PP. Cappuccini di Poggio al vento in tutto il territorio della Toscana centro-meridionale; romagnolo di nascita (era nato ad Alfero) ma toscano di adozione, ha dedicato tutta la sua vita affinché la Comunità francescana avesse il necessario per vivere: instancabile ed onnipresente in ogni località al momento opportuno, prima con il cavallo e, nell’epoca dei motori, con l’ape o con il suo furgone bianco, immediatamente riconoscibile per la scritta “Pace e Bene”. La sua scomparsa ha lasciato un vuoto incolmabile in tutti coloro che lo hanno conosciuto e stimato. Anche lui riposa, con i confratelli, nel piccolo cimitero del Convento di Poggio al Vento.

All’inizio degli anni Cinquanta fece la sua comparsa presso il Convento dei Cappuccini di Siena un frate minuto: fra Simplicio. Schivo e privo di iniziative personali, faceva il portiere del Convento, e aiutava gli altri frati nei lavori di fatica; era talmente devoto che, ad ogni suo ingresso in chiesa, si chinava per baciare il pavimento. Il fatto non passò inosservato; i bambini pensarono di fargli qualche scherzo. Ben presto iniziarono i tentativi di disseminamento di piccole punte metalliche nei luoghi comunemente baciati dall’umile fraticello, fino a quando una sera, lasciando stupefatti i presenti, si alzò con una “bulletta” conficcata nella punta del naso. L’ilarità dei presenti e la rabbia di fra’ Simplicio coronarono la realizzazione dello scherzo.

Intorno agli anni Cinquanta, con grande dispiacere della Comunità, mancarono il Padre Vicario, conosciuto come il confessore della Comunità, Padre Romualdo, grande studioso e filosofo e padre Epifanio, maestro di musica e direttore del Coro del Convento: tutti riposano nel piccolo cimitero del Convento.

In questo scorcio di storia come non ricordare Padre Vittorio da Pistoia, il mitico “Balicche”, sempre attento a raccogliere notizie sull’andamento del tempo, al fine di stilare il bollettino meteorologico giornaliero, ed al controllo dei sismografi ubicati nei sotterranei del Convento, per verificare se “sorella Terra”  riposava tranquilla. Alcune volte noi giovani ottenevamo il permesso di riunirci nei locali del Convento nelle ore serali, per trascorrere insieme alcuni momenti e per organizzare le attività da svolgere nei giorni di festa; spesso le riunioni si protraevano fino a tardi e, prima di rientrare a casa, decidevamo di svegliare, prima del tempo, i frati studenti che ogni notte, al suono della campana di mezzanotte, si alzavano per la recita dell’Ufficio. La sveglia non era, ovviamente, gradita, e tutto finiva in lanci di sandali dalle finestre, “gavettoni”, e risate generali.

Il gruppo al quale apparteneva chi scrive era molto legato a due fra i numerosi frati del Convento: Padre Angelo Maria (missionario) e Padre Bernardino; con loro potevamo liberamente parlare del futuro. Con grande piacere ricordo l’orgoglio con cui Padre Angelo Maria parlava dell’arretratezza dei popoli africani o asiatici ai quali non vedeva l’ora di portare il suo aiuto. Era il 1953 quando questo piccolo frate partì per le mete lontane, e da quel momento di lui personalmente non ho avuto più notizie. Quale gioia poterlo nuovamente incontrare e sentire dalla sua voce le difficoltà incontrate in tutti questi lunghi anni. 

È importante ricordare, fra i tanti, anche padre Sebastiano, detto “il frate volante” (perché in possesso del brevetto di pilota) che spesso sorvolava il Convento con il suo aereo, lasciando tutti con il naso rivolto all’insù.
I ricordi si accavallano nella mente: la ripavimentazione della chiesa del Convento, realizzata a tempo di record nel 1956, da parte di una nota impresa cittadina; il primo matrimonio celebrato nel 1963, dopo aver molto insistito presso le autorità ecclesiastiche perché concedessero la licenza malgrado la chiesa di Poggio al Vento non fosse chiesa parrocchiale; le famiglie che, per anni, hanno vissuto nel nostro territorio rappresentando, in qualche modo, il suo tessuto connettivo e la sua memoria storica: le famiglie Casini, Guasparri, Tozzi, Paoletti, Venegoni, Vignani, Grazi e Arzilli, Cini: a tutti loro va un plauso di affetto e di riconoscimento per l’attaccamento che nel tempo hanno manifestato verso la Comunità parrocchiale e il Terz’ordine francescano.

Ai giovani che continuano, ancora oggi, la tradizione nata nell’immediato dopoguerra, continuata ed ampliata sin dagli anni Sessanta, grazie all’apostolato del P. Corrado Trivelli, primo parroco di Poggio al Vento e di P. Vittorio Benucci, il compito di continuare a custodire le tradizioni e quest’angolo di terra toscana per tanti anni ancora.

Franco Cini